famiglie mafiose più potenti,una delle famiglie “palermitane”,assieme ai Bontade,ai Badalamenti,ai Buscetta,che si contrapposero nella seconda guerra di mafia(o nella terza,a seconda che si vogliano distinguere tre guerre anziché due)allo schieramento che alla fine risultò vincente,quello dei Corleonesi,i più feroci e sanguinari,capeggiati da Totò Riina,Bernardo Provenzano e dai Bagarella. Il Generale Dalla Chiesa,il 2 aprile 1982,dopo la terrificante conversazione con Andreotti,inviò una lettera all’allora Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini,scrivendo,testuali parole,che"la corrente democristiana siciliana facente capo ad Andreotti sarebbe stata la famiglia politica più inquinata da contaminazioni mafiose".Un mese dopo,il 2 maggio,Carlo Alberto Dalla Chiesa fu inviato in Sicilia come Prefetto di Palermo,per Combattere Cosa Nostra. Morirà assieme alla giovane moglie,Emanuela Setti Carraro,esattamente 100 giorni dopo,nell’agguato di via Carini,a Palermo,sotto i colpi dei Kalashikov AK-47 dei Corleonesi di Totò Riina e dei Catanesi di Nitto Santapaola [gli esecutori materiali furono,tra gli altri,Nino Madonia(appartenente ad una delle famiglie mafiose più influenti),Calogero Ganci(uno dei maggiori accusatori di Marcello Dell’Utri,quest’ultimo braccio destro di Silvio Berlusconi),e Pino Greco(uno dei soldati più feroci dei corleonesi,fatto uccidere anni dopo da Totò Riina)]. Dopo la strage di via Carini,gli inquirenti,venuti a conoscenza dell’esistenza della lettera inviata da Dalla Chiesa a Spadolini,chiesero all'allora Presidente del Consiglio spiegazioni sui motivi che non permisero di effettuare accertamenti sulle dichiarazioni del Generale.La risposta di Spadolini fu ai limiti della decenza: “…ma io avevo capito famiglie,non famiglia…”. Per farla breve,diciamo che Spadolini preferì coprire la collusione tra la mafia e la politica italiana piuttosto che coprire le spalle al Generale Dalla Chiesa. Poco dopo i funerali,un cronista domandò ad Andreotti se si sentisse in qualche modo in colpa per la morte di Dalla Chiesa,non avendo avuto quest’ultimo particolari misure di sicurezza ed appoggio politico; la risposta del Senatore fu secca: “assolutamente no”. Alla domanda del perché non si fosse recato ai funerali del Generale Dalla Chiesa,della moglie e dell’agente di scorta Domenico Russo,Andreotti toccò il picco più alto di indecenza: “preferisco i battesimi ai funerali..”,testuali parole. Il kalashnikov che uccise Totò Inzerillo e Stefano Bontade fu lo stesso usato dai Corleonesi e dai Catanesi per uccidere il Generale Dalla Chiesa; in quest'ottica la frase di Andreotti a Dalla Chiesa ha un suono profetico e profondamente sinistro.
L'Onorevole Giulio Andreotti,sette volte Presidente del Consiglio italiano e Ministro praticamente di tutto ciò di cui si può esserlo,è stato assolto per reati di mafia dal 1980 in poi(ma solo perchè non sussistevano prove concrete dei fatti,benchè ci fosse quasi la certezza di reato)ma CONDANNATO per il più grave dei reati di stampo mafioso,commesso(e ravvisato concretamente) fino alla primavera del 1980:non favoreggiamento,non concorso esterno,ma ASSOCIAZIONE PER DELINQUERE DI STAMPO MAFIOSO,reato poi caduto in PRESCRIZIONE(in Italia la Prescrizione esiste anche per questi reati). Oggi il signor Andreotti Giulio è Senatore a Vita e né lui né il Parlamento italiano se ne vergognano minimamente.
L'auto,crivellata di colpi,sulla quale viaggiavano Dalla Chiesa e la moglie al momento dell'agguato. Si notano i corpi chinati sui sedili anteriori
"Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì... "
Carlo Alberto Dalla Chiesa
Il Ricordo splendido per onorare la figura del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che con il Suo esempio ha saputo collimare tra i Suoi Carabinieri - Ufficiali, Sottufficiali, Carabinieri effettivi e Ausiliari-, il senso del dovere verso lo Stato e l'intransigenza organizzativa dei Reparti da Lui diretti. Offrendo ancora oggi, l'immagine di Comandante altamente responsabile di fronte ai quei fenomeni criminali - terrorismo e mafia -, che la Sua determinazione induceva a contrastare con spigliatissimo acume investigativo, applicando precetti acquisiti dall'esperienza e dalla considerevole professionalità con cui emetteva i suoi ordini, affinché la conduzione organizzativa tra i vari Reparti non minasse il coordinamento prestabilito, al fine di giungere alla completa disarticolazione dell' aggregazione terroristica - le cellule brigatiste - o mafiosa - le famiglie di cui si componevano.
RispondiEliminaIl Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, da quanto evincono le cronache, ha saputo coniare nell'aspetto complessivo ( globale) della sua amministrazione di Ufficiale generale, il punto focale di come fronteggiare apertamente questi fenomeni criminali, senza trascurare gli aspetti vincolanti che li rafforzano: fiancheggiatori, imprenditoria e politica collusa.
Nonché esaminare, in entrambi i fenomeni criminali, i canali di approvvigionamento economico, che attraverso le banche venivano depositati, come guadagno dei traffici illegali: droga, armi, appalti e subappalti. O come possibile finanziamento per reclutare nuove operazioni criminose ( terrorismo).
L’'ultima Sua missione era garantita dallo Stato: la nomina di Prefetto a Palermo.
La sua candidatura a Prefetto Antimafia, coincisa con una Sua precisa volontà, andava orientata verso un cospicuo interesse dello Stato affinché si frenasse l'impeto mafioso, ed accordare simultaneamente " poteri speciali" al Generale, permettendogli di operare su quel fronte investigativo di cui rese esplicite osservazioni alla stampa.
Il 26 Marzo 1982 il Consiglio dei Ministri scelse il Generale dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominandolo Prefetto della Repubblica di Palermo, purchè risolvesse il problema mafia in Sicilia, ove si stava consumando una guerra intestina tra le due fazioni dei Bontade, da una parte, e dei Corleonesi, dall'altra.
EliminaUna guerra, che negli anni precedenti non aveva risparmiato esponenti dello Stato, tra valorosi Magistrati, Ufficiali dei Carabinieri e Funzionari ed agenti della Polizia di Stato.
Ma dove si soffermò, nello specifico, il Prefetto della Repubblica, Dalla Chiesa?. Proprio sul rapporto, su quel rapporto politica - mafia, di cui la Democrazia cristiana, in particolare, la corrente politica andreottiana riceveva voti, destinando alla mafia il proprio appoggio esterno, gonfiandole a dismisura il Potere sentendosi oltremodo protetta. Un atto, che secondo taluni storici e scrittori insigni, racchiudeva un filo conduttore di una trattativa fin dal nascere del partito scudocrociato, ma che si evidenzia, soprattutto, con la vicenda del sequestro dell'On.Aldo Moro.
Certamente, il Prefetto della Repubblica, Carlo Alberto Dalla Chiesa, dopo l'annunciato incontro, a Roma, voluto dal Senatore a vita, scrisse immediatamente una lettera memorabile indirizzata al Presidente del Consiglio, Spadolini, nella quale indicò la " famiglia politica più inquinata del luogo" come bersaglio delle Sue indagini future.
Questa presa d'atto del Generale Dalla Chiesa, secondo me, doveva servire per essere un ulteriore incoraggiamento all'incarico ricevuto con il dovuto appoggio dello Stato.
Sentenza docet...
Grazie!...
Il disegno investigativo, che sarebbe nato dall'evolversi delle indagini messe a nudo dal Prefetto della Repubblica di Palermo, Carlo Alberto Dalla Chiesa, scalfendo, come veniva attribuita allora, la cosiddetta Alta Mafia, avrebbe non tanto messo in dubbio in concetto stesso di democrazia, ma quanto si è in grado di cambiarla.
EliminaOltremodo spiegare quanto essa è stata baluardo di un'Istituzione, qual'è per l'appunto lo Stato, e quanti se ne sono serviti per fare i loro interessi di parte, non aderenti non confacenti alla loro funzione politica all' interno di un partito.
Grazie!...
E', dunque, dopo gli omicidi di Boris Giuliano, Cesare Terranova, Piersanti Mattarella, Emanuele Basile e di Gaetano Costa, che i familiari delle vittime prendono carta e penna ed iniziano a scrivere al Presidente della Repubblica d'Italia, On. Sandro Pertini, per sollecitare un intervento più ingente e penetrante nei confronti della lotta alla mafia.
EliminaTanto che, addirittura, si paragona il livello di attenzione dello Stato contro il terrorismo dilagante nel Nord e Centro Italia, soprattutto, dopo il 2 Agosto 1980, in cui il Primo Cittadino chiamò il Generale di Divisione dei Carabinieri, Carlo Alberto Dalla Chiesa, esortandolo a ulteriori urgenti interventi contro il terrorismo, con un intervento a tutto campo nei confronti della mafia.
E'illuminante in proposito la lettera scritta dalla moglie, Rita Bartoli Costa, vedova del Dottor. Gaetano Costa, il Procuratore Capo della Procura della Repubblica di Palermo ucciso dalla mafia il 6 Agosto 1980, indirizzata per l'appunto al Presidente della Repubblica, Pertini, datata 22 Novembre 1980.
Fu anche questo, che spinse il 26 Marzo 1982, il Consiglio dei Ministri a nominare il Vicecomandante generale dell'Arma dei Carabinieri, Dalla Chiesa, a Prefetto della Repubblica di Palermo sollecitato da codesti interventi pubblici?.
Grazie!...
Il Potere politico della mafia, che viene acconsentito dalle correnti politiche democratiche con le quali fare approccio, mescolando ciò che dovrebbe essere Potere di Stato, da una parte, di Antistato, dall'altra, garantendone la sopravvivenza.
EliminaUn Generale di Stato come Carlo Alberto Dalla Chiesa, richiamato in prima linea da Prefetto della Repubblica di Palermo: perchè gli ricadde la nomina, se chi doveva appoggiarlo non ne condivideva il progetto, verso un Generale dei Carabinieri che credeva fortemente nel senso dello Stato?.
Grazie!...